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La Provincia

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Gianmario Bonfadini e Luca Bonetti
Ghiaccio, neve e... fantasia
Architetto il primo, operatore culturale il secondo, girano il mondo scolpendo "in ice"
"Ci piace l'ironia, giocare su contrasti e paradossi, come realizzare un cactus a -30°"



"Sondrio, un giorno dello scorso millennio. Mentre già pensava di farsi chiamare Bonnie, Luca Bonetti, dopo aver sperimentato la sua arte con terracotta, pietra e gommapiuma, ha avuto l'idea di fermare su vetro l'immagine della chiesa di San Basilio sulla Piazza Rossa di Mosca. Qualche anno più tardi. Manuela Zecca era nel suo studio immersa in fumanti pensieri di architetture e arredi, immaginando lampade di legno e Scale del Piermarini. "Un blocco di neve di 27 mc! Ci serve un'idea e un'altra persona che condivida la fatica di scolpirlo". Gianmario Bonfadini, affascinato dal concetto vagamente ruskiniano di lasciare che l'opera svanisca naturalmente, è diventato poco dopo il terzo realizzatore della prima scultura: la Lophophora borealis, fantasiosa e divertente interpretazione di una immaginifica pianta desertica. Negli anni successivi si è aggiunta al gruppo Nadia Braito che, mentre canticchiava uno slogan delle sue colorate pubblicità, si è scoperta la Bessie Smith della nostra valle. E poi Paola Arminio, sdraiata su un prato di un tardo tramonto delle vertiginose falesie dipinte da Monet, rinfrancata dal profumo del mare, sognava poderosi spruzzi d'acqua e una balena che s'immerge. Fatta di neve delle sue montagne".

Inizia così - poeticamente - la storia del gruppo di scultori del ghiaccio raccontata da Gianmario Bonfadini, di professione architetto, per passione artista del ghiaccio e della neve oltre che "catalogatore di riflessi colorati sulle nuvole" (così gli piace definirsi). Insieme a lui c'è Luca Bonetti, artista e operatore culturale. Entrambi, sondriesi, saranno ospiti della Comunità Montana di Tirano che, con la collaborazione di abriga.it, organizza oggi in pian di Gembro una giornata di arte e cultura con uno spazio dedicato alla realizzazione di sculture.

Ma prima di oggi c'è una lunga storia alle vostre spalle, non è vero?
"Sì, - afferma Bonfadini - l'avventura è iniziata ormai otto anni fa con la partecipazione a diversi simposi e concorsi. Basti citarne alcuni: l'ultimo a Kiruna (Svezia) nel 2008, nel 2005 a Salekhard unica città al mondo situata sul circolo polare artico, sempre nel 2005 a Perm in Russia, nel 2007 a Valloire in Francia. Ricordiamo anche Breckenridge in Colorado (U.S.A.), Grindelwald in Svizzera, San Candido in Trentino Alto Adige e, naturalmente, in "patria" a Livigno. Insieme abbiamo visitato città e paesi, perché i luoghi delle sculture di neve sono città russe con un milione di abitanti come paesi del Colorado a 3000 metri di altezza o una piazza ai piedi della parete nord dell'Eiger, con la loro gente, ognuno con il proprio pezzo di vita da consegnare ai nostri ricordi".

Quando inizia la pianificazione per la partecipazione ad un concorso di sculture di neve?
"Di solito lo stimolo giusto arriva durante il soffocante periodo estivo - raccontano - quando si ha voglia di fresco e sembra che pensare alla neve possa far passare la sgradevole sensazione dei vestiti appiccicati addosso. Si tratta di capire bene le richieste e le proposte degli organizzatori, le eventuali spese da affrontare e la logistica. Una volta deciso dove andare - in tutto il mondo i principali eventi di questo tipo sono concentrati nel periodo di un mese e mezzo e quindi la scelta deve necessariamente cadere su uno di essi o al massimo due - occorre presentare un progetto in base alle dimensioni del blocco decise dall'organizzazione. Normalmente il soggetto è libero, solo alcune volte l'organizzazione propone un tema. Di seguito un invito ufficiale viene spedito alle squadre selezionate che provvedono velocemente a prenotare i biglietti aerei. Questo è solitamente l'unico costo a carico degli scultori; in alcuni concorsi l'organizzazione fornisce un rimborso spese che può arrivare a coprire tali costi".

Da quante persone è composto il gruppo e come si articola la preparazione?
"Il numero di persone per team può variare da due a quattro in relazione anche alle giornate lavorative e alle dimensioni del blocco, normalmente un cubo da tre metri di lato che l'organizzazione e i volontari del luogo provvedono a formare nei giorni precedenti, immettendo neve artificiale all'interno di grandi casseri. Questa fase risulta molto delicata: la consistenza e quindi la lavorabilità e resistenza della scultura dipendono molto dalla temperatura alla quale il cubo è stato prodotto, nonché dall'abilità nella fase di costipazione. Da tre a cinque sono i giorni in cui è possibile lavorare. In alcuni casi sono comprese le ore notturne, soprattutto nelle giornate finali o in caso di temperature particolarmente alte durante il giorno. L'organizzazione mette a disposizione alcuni attrezzi utili per la sgrossatura del cubo come pale, secchielli, scale e ponteggi, mentre ogni squadra si porta da casa gli attrezzi per le lavorazioni particolareggiate. Solo in rari casi vi è la possibilità di utilizzare mezzi meccanici che solitamente sono espressamente vietati dai regolamenti. I concorsi molte volte fanno parte di festival locali che contemplano anche altri eventi e comunque non manca mai una festa conclusiva a seguito della premiazione. I premi sono in denaro, in carta (un semplice diploma) o in oggetti."

Ricordate un'esperienza in modo particolare?
"Sicuramente magica è stata l'esperienza allo "Snowfestival" di Kiruna, dove persone lungimiranti hanno pensato bene che a queste latitudini avrebbe potuto essere molto redditizio costruire un hotel utilizzando esclusivamente ghiaccio e neve - ricorda Gianmario. Le acque del fiume Torn che scorre liberamente attraverso la natura incontaminata del luogo, producono nella stagione fredda un grosso strato di ghiaccio limpidissimo che viene utilizzato per la costruzione dell'hotel. La temperatura all'interno delle stanze (alcune delle quali sono progettate e decorate da artisti provenienti da tutto il mondo) può variare da -5 a -8°C anche nel caso in cui all'esterno ci siano -30°C."

Affascinanti i luoghi dove i concorsi e i raduni si svolgono, affascinanti le sculture che vengono realizzate, dove non manca anche il divertimento.
"L'idea della scultura da costruire solitamente viene da qualche discussione fatta a pochi giorni (talvolta poche ore) prima della scadenza dei bandi di concorso a cui si vuole partecipare - afferma Luca Bonetti -. Probabilmente la fine del tempo a disposizione fa ragionare più in fretta e stimola la fantasia. Raramente abbiamo realizzato progetti concepiti con largo anticipo, ad esempio una proposta che abbiamo presentato per una manifestazione in Colorado è arrivata in tempo solo grazie all'esistenza di Internet e al fatto che il fuso orario ci dava qualche ora di vantaggio. Le idee che presentiamo vorrebbero avere anche un briciolo di contenuto concettuale che le renda originali, oltre che, naturalmente, ad essere esteticamente gradevoli. Ci piace giocare su contrasti e paradossi, vedi ad esempio le sculture che riproducono con la neve cactus e piante grasse, oppure lanciare messaggi ironici e pacatamente provocatori."

Quali ad esempio?
"A Livigno - prosegue il "Bonnie" - un'opera riproduceva un grande distributore di benzina sistemato su una colonna corinzia pericolosamente inclinata, il titolo era "Il crepuscolo degli Dei" - tra l'altro era appena scoppiata la seconda guerra del Golfo -, oppure, in Colorado, la scultura che abbiamo chiamato "Reperto fossile dell'Olocene 2" presentava tra conchiglie e pesci fossilizzati anche un codice a barre, scelto a emblema della nostra Era e di un sistema di sfruttamento delle risorse del pianeta che rischia di veramente di ridurci tutti a breve termine in oggetti archeologici. Sono interessanti anche le sculture che sembrano proseguire nel sottosuolo: se realizzi la torretta del Nautilus di Jules Verne che emerge dal ghiaccio tutti, idealmente, pensano che sotto ci sia anche il resto del sommergibile. Un'altra cosa ci piace fare: le sculture dove "ci si può entrare", ne abbiamo realizzate alcune e il risultato è sempre stato divertente perché interagivano di più con il pubblico, non erano solo da guardare. La prima, e quella che credo sia meglio riuscita, era un labirinto su due piani tutto contenuto all'interno del cubo di partenza di 3 metri x 3 x 3. La scultura non era fatta dai pieni ma dai vuoti, dentro corridoi, scale e scivoli creavano un piccolo percorso nel quale perdersi e divertirsi, in "Läbhyrjnthøo" solo il primo giorno sono entrate diverse centinaia di bambini (e di adulti!)".


Clara Castoldi

Articolo apparso su "La Provincia di Sondrio Settimanale" il 27 dicembre 2008

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