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Perm

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Viaggio ai confini dell’Europa per via di una scultura di neve.



“Io non scrivo canzoni che parlano di automobili. Scrivo canzoni che parlano
di persone che viaggiano su automobili.” Bruce Springsteen 1979


Durante un sabato pomeriggio di novembre dell’anno 2000 tre sondriesi formarono la prima squadra valtellinese di scultori della neve. Si trovavano al museo di Sondrio ed erano esattamente le quindici e trenta. La prima realizzazione, eseguita ai 2400 metri del Mottolino di Livigno, costituì l’inizio di una lunga serie di sculture di cui ora esistono solo fotografie e ricordi, ma che apparterranno per sempre ai continenti nei quali sono state scolpite, essendo penetrate in forma liquida nelle viscere di quei luoghi.
A quella edizione di “Art in Ice” partecipò un tale di nome Klaus Ebeling, un americano di una certa età che aveva l’aria di saperla lunga in materia di sculture di neve. Durante una cena ci scambiammo alcune considerazioni e io gli spiegai che eravamo soddisfatti del risultato che stavamo ottenendo, considerando il fatto che non eravamo scultori. Mentre stavo cercando di completare il concetto, Klaus mi interruppe e mi disse: “ragazzo, ascoltami e ascoltami bene: voi siete venuti fin quassù, avete lavorato duramente per tre giorni e avete realizzato quella cosa la fuori. Bene, adesso anche voi siete dei fottuti scultori”. Il tutto suggellato da una pacca sulla spalla e da una grassa risata. In seguito, iniziando a curiosare su internet e chiedendo informazioni e bandi, abbiamo avuto la possibilità di partecipare a nuovi concorsi in posti diversi, di cui non conoscevamo nemmeno l’esistenza e che nessuno mai penserebbe di visitare durante una vacanza. All’inizio dello scorso anno siamo riusciti a stabilire un contatto con Natalia Nefedova, la quale ha reso possibile la prima partecipazione di una squadra italiana al Festival di sculture di neve, ghiaccio e fuoco di Perm, una città russa di più di un milione di abitanti all’estremità orientale dell’Europa. Avevamo poche notizie della città: sapevamo solo che probabilmente avrebbe fatto molto freddo e che per arrivarci bisognava percorrere per più di 20 ore il primo tratto di Transiberiana. Inoltre Perm è la città in cui Boris Pasternak ha ambientato il Dottor Zivago. Ecco come è andata. Anzi, ecco cosa mi ricordo di quello che ci è accaduto.

Quando arriverete all’aeroporto Sheremetievo 2 dovreste prendere un bus o una navetta (in russo - avtoline). Di solito hanno l’indicazione “To Rechnoy Vokzal Metro Station” (ovviamente in russo), quindi è meglio che chiediate a qualcuno “Gde avtoline na Rechnoy Vokzal?” Non conosco esattamente il costo del biglietto, credo poco più di 30 rubli, comunque certamente molto meno rispetto ad un taxi; quelli presi all’aeroporto sono molto costosi.
Tutti gli ingressi della metropolitana hanno l’insegna “M”. Dalla stazione Rechnoy Vokzal dovrete andare fino alla stazione Komsomolskaya, uscire e andare verso il monumento a Lenin che si trova accanto alla stazione ferroviaria Yaroslavsky in una piccola piazza di fronte ai grandi magazzini Moskovsky. Ci sono 3 stazioni ferroviarie sulla piazza Komsomolskaya, la vostra è Yaroslavsky Vokzal. La persona che vi darà i biglietti è del Gorky Park di Perm. Si chiama Alexandre Mineyev, un uomo grosso che quasi non parla inglese. Vi aspetterà alle 19.15 vicino al monumento a Lenin con in mano un cartello con la scritta “Perm Festival”. Il treno Moscow-Nizhniy Tagil (numero 50) parte alle 20.05 da Yaroslavsky Vokzal. La carrozza è la numero 3. Non dimenticate di portare vestiti pesanti. Ci vedremo a Perm lunedì sera. Natasha (Perm, 4 febbraio 2005)

Il soffitto monotono dell’aeroporto di Mosca e la flemma degli annoiati funzionari di frontiera hanno caratterizzato le nostre prime due ore trascorse in Russia in attesa del varco della dogana e in attesa (vana) della cassa con gli attrezzi, rimasta per qualche giorno a Milano grazie all’Alitalia. Con poco tempo a disposizione siamo riusciti solamente a contrattare un prezzo tutto sommato accettabile per una corsa verso la stazione con un taxi abusivo. Accanto alla statua di Lenin c’era già il signor Mineyev e con lui le squadre provenienti dalla Francia e dall’Olanda che hanno poi viaggiato con noi.
Sulla Transiberiana è già il giorno dopo, il vetro sporco dietro le tendine ricamate lasciava intravedere ampie distese innevate. Nella mia cuccetta appoggiato su un fianco, guardavo il paesaggio bianco e storto, sempre bianco ma sempre diverso: neve, alberi, lunghe ombre nell’intenso e gelido sole mattutino. Città. Periferie che sembravano villaggi formati da casupole forse disabitate o forse semplicemente con i camini spenti per carenza di legna. In questo viaggio ho percepito, ma solamente intravisto la povertà. Passiamo in fretta, facciamo rumore, ci divertiamo e raccontiamo che era tutto bello…
I nostri angeli custodi a Perm erano Irina e Yana, le traduttrici che l’organizzazione ci ha messo a disposizione. Sono studentesse universitarie, ci seguivano sempre aiutandoci a comunicare con la gente del posto. La cosa non è sempre facile perché solamente alcuni giovani parlano l’inglese, prevalentemente le ragazze. Irina e Yana erano purtroppo anche sottoposte alla tortura di doverci assistere mentre lavoravamo; grazie al cielo la temperatura si manteneva per la maggior parte della giornata di poco sotto gli zero gradi. Troppo caldo per un paio di sculture un po’ troppo esasperate dal punto di vista statico. Una era quella dei nostri amici olandesi ai quali ho girato un proverbio che un vecchietto americano con in testa uno sgualcito berretto da baseball ci ha recitato dopo il crollo di una nostra scultura: “se Dio non ti dà nient’altro che limoni, allora fatti una limonata”. Nel caso specifico la squadra olandese ha però preferito della buona vodka – dai locali altrimenti chiamata vitamina - e ha abbandonato i lavori.
C’erano ottimi lavori all’interno del Gorky Park, dove scultori erano all’opera e scultori hanno operato in precedenza per costruire vertiginosi scivoli di ghiaccio e altri giochi per bambini. Molti professionisti partecipano a questo genere di manifestazioni: legno, pietra, sabbia, fuoco, ghiaccio e neve d’inverno. Noi lo facciamo solo per divertirci. È scritto nello statuto. Nessun vantaggio economico, nessuno sponsor. Il nostro impegno non è stimolato dai premi in palio: ne abbiamo vinti alcuni che non abbiamo nemmeno ritirato per totale distrazione riguardo questo argomento, compreso il denaro per il terzo posto di Perm… Il nostro cactus ha divertito e incuriosito la gente, quello che volevamo.
Un collega russo stava realizzando una scultura composta da una figura maschile e una femminile, una delle quali sosteneva l’altra. Mentre i corpi erano appena abbozzati lui ci ha chiesto di indovinare chi era l’uomo e chi la donna. Le iconografie a noi più familiari e (forse) la nostra cultura ci hanno suggerito che l’uomo era colui che sorreggeva e proteggeva la donna. Sbagliato. Quella dietro era la donna che sorreggeva e cercava di trascinare verso casa l’uomo ubriaco. Da queste parti, ci ha spiegato l’autore, gli uomini non vengono considerati molto affidabili, le famiglie si reggono quasi esclusivamente sulla forza femminile. Molta gente era attirata dalla presenza di una squadra italiana: una vecchia signora si è offerta di prepararci una torta; due ragazze di nome Olga mi hanno spiegato che in Russia se stai tra due persone che hanno lo stesso nome puoi realizzare i tuoi sogni.
Questo modo di viaggiare, cioè avendo la possibilità di conoscere in modo più approfondito le persone che incontri, è il migliore che io conosca. In un normale viaggio i posti visitati diventano le cose di cui parlare quando si torna a casa, in questo caso i luoghi diventano un semplice contenitore dove si trovano le persone, le quali rivelano la vera essenza della loro terra. Le emozioni non rischiano di scivolarti via sulla pelle, ma penetrano, ti scorrono nelle vene e, come una medicina amara, fanno male per fare bene.
Lasciando Perm, proprio mentre il treno percorreva lentamente il lungo ponte sulla distesa ghiacciata del fiume Kama – sembrava la scena triste di un film –, ho avuto la sensazione che le visite programmate a Mosca e Pietroburgo fossero una forzatura rispetto alla compiutezza dell’esperienza che si stava concludendo.
L’idea di trascorrere le 23 ore del viaggio di ritorno a Mosca cercando di decodificare e casomai di trasformare in energia positiva le sensazioni che mi stavano attraversando, mi ha preservato dal vortice stritolante della nostalgia così ben descritta da un poeta portoghese plurimo che mi sono messo a leggere mentre il treno scorreva lungo i binari ovattati di neve della Transiberiana.

Gianmario Bonfadini

Articolo apparso sul portale www.tellusfolio.it il 4 maggio 2007
e su "'l Gazetin" n. 5, 20 maggio 2007

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