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2006

Articoli

Sondrio, un giorno dello scorso millennio. Mentre già pensava di farsi chiamare Bonnie, Luca Bonetti, dopo aver sperimentato la sua arte con terracotta, pietra e gommapiuma, ha avuto l’idea di fermare su vetro l’immagine della chiesa di San Basilio sulla Piazza Rossa di Mosca. Qualche anno più tardi. Manuela Zecca era nel suo studio immersa in fumanti pensieri di architetture e arredi, immaginando lampade di legno e Scale del Piermarini. “Un blocco di neve di 27 mc! Ci serve un’idea e un’altra persona che condivida la fatica di scolpirlo”. Gianmario Bonfadini, affascinato dal concetto vagamente ruskiniano di lasciare che l’opera svanisca naturalmente, è diventato poco dopo il terzo realizzatore della prima scultura: la Lophophora borealis, fantasiosa e divertente interpretazione di una immaginifica pianta desertica. Negli anni successivi si è aggiunta al gruppo Nadia Braito che, mentre canticchiava uno slogan delle sue colorate pubblicità, si è scoperta la Bessie Smith della nostra valle.

Insieme abbiamo visitato città e paesi, perché i luoghi delle sculture di neve sono città russe con un milione di abitanti come paesi del Colorado a 3000 metri di altezza o una piazza ai piedi della parete nord dell’Eiger, con la loro gente, ognuno con il proprio pezzo di vita da consegnare ai nostri ricordi. Dalle Montagne Rocciose agli Urali, sei anni e undici sculture delle quali ora esistono solo fotografie e memorie, ma che apparterranno per sempre ai continenti nei quali sono state scolpite, essendo penetrate in forma liquida nelle viscere di quei luoghi.

Gianmario Bonfadini


Articolo scritto nel novembre 2006 per una rivista di architettura e mai pubblicato

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