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Arte e ghiaccio – In giro per il mondo scolpendo la... neve


Dai pupazzi di neve a vere e proprie sculture per lasciare un’impronta e conoscere le persone del mondo. Da piccoli, Luca Bonetti, Gianmario Bonfadini, Nadia Braito e Manuela Zecca, tutti giovani dai 30 ai 40 anni di Sondrio e provincia, hanno imparato a costruire pupazzi di neve di ogni forma e misura con i parenti e gli amici. Oggi vanno in giro per i paesi del mondo a realizzare sculture di neve spinti dalla voglia di incontrarsi e di confrontarsi con persone di nazionalità diverse, dal piacere di viaggiare e conoscere, uniti dal desiderio di vivere un’esperienza attraverso la quale sperimentare il proprio estro o le capacità artistiche. Nasce da tutte queste motivazioni, il team valtellinese che ha partecipato ai concorsi internazionali di neve e di ghiaccio in Colorado e in Trentino Alto Adige, nel gennaio di quest’anno. «Il primo esperimento in tal senso – spiega Luca Bonetti, gestore di una cooperativa di servizi nel campo dei beni culturali – l’ho fatto con Gianmario e Manuela nell’edizione del 2000 di “Art in Ice”, a Livigno. Allora siamo andati un po’ alla cieca, l’unica esperienza era quella dei pupazzi di neve. Poi ci siamo lasciati coinvolgere dal piacere di creare e modellare cubi di neve e ghiaccio per trasformarli in soggetti da noi stessi pensati e progettati». Per partecipare a questo genere di concorsi occorre formare una squadra, rispondere ai bandi che vengono pubblicati su internet e proporre un progetto della scultura. Se il disegno o il modellino vengono selezionati e accettati, si preparano i bagagli, ci si equipaggia con sciarpe, maglioni, scalpelli e tutti gli attrezzi del mestiere, e si parte, alla volta della Scandinavia, della Svezia, del Canada e dell’Europa, sino ad oriente. «A questi concorsi partecipa chi vuole solo divertirsi, oppure chi, per mestiere, costruisce sculture, non solo di neve e di ghiaccio, ma anche di sabbia e di quant’altro – aggiunge Bonetti – i soggetti realizzati sono di diversi tipi. Tanti lavorano sul figurativo creando scoiattoli, fiocchi di neve o souvenir natalizi. Noi preferiamo dedicarci a forme che abbiano un intento artistico convincente e che siano allo stesso tempo belle e piacevoli da vedere, ma anche divertenti e ironiche». Dopo due edizioni, quella del 2000 e del 2001, di «Art in Ice», Luca Bonetti, Nadia Braito, che lavora come grafica, e un’artista di Venezia, Mary Rosin, sono stati scelti per il concorso del gennaio 2002 di Valloire, in Francia, uno dei più importanti a livello internazionale. La loro opera, sorta di prato con enormi ciuffi di neve, alti anche 4 metri, di fronte ai quali gli uomini erano messi sullo stesso piano delle formiche, è stata apprezzata, così come le due sculture realizzate all’inizio di quest’anno in Alto Adige. L’ultima fatica di Nadia, Luca e dei due architetti Gianmario e Manuela, accompagnati da Claudia Azzalini, è stata la creazione, in Colorado, di un enorme reperto fossile della civiltà moderna, che altro non era se non un codice a barre. «Abbiamo fatto finta – spiegano – di essere un equipaggio di extraterrestri-paleontologi in arrivo sulla Terra nel 2.200 dopo Cristo dalla stella Betelgeuse. Di fronte ad un simile reperto della civiltà dei consumi ci siamo chiesti “che l’homo tecnologicus abbia sbagliato qualcosa?”». I quattro stanno già pensando al prossimo appuntamento con un cubo di ghiaccio e neve pressata, di 12 piedi di altezza e 10 di larghezza.

Ilenia Pusterla

Articolo pubblicato su Il Giorno il 23 aprile 2003

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